Minerva e lo scimmione by Ettore Romagnoli

Minerva e lo scimmione by Ettore Romagnoli

autore:Ettore Romagnoli [Romagnoli, Ettore]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2010-05-29T00:00:00+00:00


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Eselkopf si sentiva grande. Se non che, quanto piú crescevano la sua grandezza e la perfezione del suo metodo, tanto piú vedeva la gente disinteressarsi delle sue lucubrazioni, allontanarsi da lui. Eselkopf si sentiva grande ed incompreso. E allora vagheggiò la secessione, pensò di allontanarsi dai rozzi profani, in un tranquillo rifugio, insieme con altri grandi della sua risma. E cosí avvenne. I filologi autentici, serî, scientifici, scrupolosamente depurati di ogni scoria dilettantesca, cioè d'ogni sentimento, d'ogni passione, d'ogni sensibilità, si ritirarono, lontani dal mondo e dalle sue pompe, in una loro torre d'avorio (leggi celluloide), parlando fra loro il loro incomprensibile gergo, sdegnosi di comunicare i loro contributi scientifici al vulgo dei profani (die Laien), pei quali si davano tanto da fare quei babbioni degli umanisti. — E i profani non ci trovarono a ridire. Da una parte avevano sentito che quell'arte, quel pensiero, quella letteratura non erano piú gran cosa; dall'altra non capivano il gergo degli eselkopfiani: perché avrebbero dovuto trattenerli per le falde della giubba?

Ma gli eselkopfiani pretesero di piú. Pretesero di essere mantenuti, come a Sparta gli antichi savî, a spese dello stato. — Veramente, avrebbero potuto rispondere i profani, lo stato vi paga coi quattrini nostri; e non si dovrebbero pagare se non i servigi realmente prestati; i quali, avvenuta la secessione, non sussistono piú. — Ma gli eselkopfiani risposero col ragionamento che abbiamo già esposto: che cioè la filologia era una scienza, e che gli scienziati non avevano altro obbligo se non quello di scoprire verità e leggi, senza punto occuparsi delle possibili applicazioni. E i profani abboccarono. Abboccarono: un po' perché non videro la fallacia dell'argomentazione; un po' per il misterioso rispetto che incuteva il gergo eselkopfiano. Il mondo è sempre il medesimo, dagli antichi àuguri ai tavoli spiritici: avido, ingordo, insaziabile di mistificazioni. Per lui chi piú parla difficile piú è bravo.

È tanto umano! Se io, per esempio, mi esprimo cosí: «Caio accetta la tal correzione che nel codice tale della Iliade una seconda mano ha sovrapposto alla prima. Ma ne risulta un esametro con una sillaba lunga nella tal sede, mentre i computi di Tizio hanno dimostrato che per lo piú Omero evita la lunga in quella sede dell'esametro» — : se mi esprimo cosí, tutti capiscono che cosa ho voluto dire; ma tutti capiscono pure che per arrivare a questo ragionamento non c'è bisogno d'una mente galileiana. Ma se io scrivo invece: «La teoria di Caio (Phil. Unt., II, s. 55) che in A 139, m si ha da preferire ad M è dimostrata insostenibile dalla legge, di Tizio, DGR3. 185»; la gente penserà che codeste cifre sibilline racchiudano dio sa quale astrusa e miracolosa speculazione, inaccessibile a chi è fuor del santuario; e mi piglierà per un'arca di scienza. E anche nella ipotesi, tanto spesso verificatasi, che quelle formule, invece d'una anodina osservazione, racchiudano qualche solennissima corbelleria, un ministro della pubblica istruzione non potrà ragionevolmente opporsi ad affidarmi, con l'articolo 69, una cattedra di letteratura greca.

Dunque, i profani abboccarono.



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